lunedì 29 agosto 2011

I due nazionalismi europei.

Nel 1973 il filosofo della politica montenegrino John Plamenatz fu il primo a teorizzare una distinzione tra i due nazionalismi principali presenti in Europa: il nazionalismo occidentale (in quanto tipico dei paesi dell'Europa Occidentale) ed il nazionalismo orientale (tipico dei paesi dell'Europa Orientale).


Secondo il filosofo montenegrino si tratta di una differenza di tipo prettamente tipologico e non già geografico: nazionalismi come quello basco, catalano o irlandese sarebbero di tipo orientale pur trovandosi in nazioni dell'Europa Occidentale.

In cosa sono diversi questi due nazionalismi?

Il nazionalismo occidentale si fonda su un sentimento di stato; quello orientale su un sentimento di etnia.
Il nazionalismo occidentale è inclusivo, e non considera la discendenza etnica di un individuo: chiunque è in grado di riconoscersi nei valori politici del proprio stato; quello orientale è esclusivo, solo gli appartenenti per discendenza ad un'etnia sono membri della nazione.
Il nazionalismo occidentale è di tipo razionale, ed in esso l'individuo stabilisce la sua nazionalità in base alle esigenze politiche e commerciali del momento; quello orientale è di tipo sentimentale e presume che l'individuo stabilisca di appartenere ad una nazione in base al proprio sentimento patriottico interiore.

La causa di questa differenza sarebbe, secondo molti sociologi, nel fatto che le nazioni occidentali hanno in passato avuto delle colonie e questo avrebbe abituato gli stati a raccogliere varie etnie sotto di sé; visione che io condivido in buona parte. Se certamente l'occidentalità (in termini Plamenatziani) di Spagna, Portogallo, Francia, Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Belgio, Svezia, e Regno Unito è dovuta al passato coloniale (imperiale per quanto riguarda l'Austria) di questi Stati; ciò non si può certo dire di Italia e Germania, che hanno posseduto colonie in misura molto minore.



Ora; è innegabile che i nazionalismi di cui erano pregni il Regno d'Italia, la Repubblica Sociale Italiana e l'odierna Repubblica Italiana siano stati il non plus ultra del nazionalismo occidentale; mi azzarderei quasi a definirli "l'esempio pratico di quello che il nazionalismo occidentale è".
Il Regno e la Repubblica Italiana sono esempi di nazionalismo occidentale in quanto questi stati raccolgono all'interno varie identità nazionali viste solo come un rischio all'unità dello Stato, e si danno come scopo quello di schiacciarle violentemente in nome dell'Italianità, senza interpretarle correttamente come invece accade in Germania: dove nessuno negherebbe mai la sua identità di Prussiano, di Bavarese, di Svevo, di Sorbo, di Turingio, di Renano o di Sassone e pure continua a sentirsi rappresentato nella "Germania" di cui il suo popolo fa parte.

Anche l'Italia Fascista, benché definita da Plamenatz come "un episodio di nazionalismo orientale in un paese di cui è tipico il nazionalismo occidentale" fu invece completamente un nazionalismo occidentale; in quanto si trovava ad essere tutt'altro che un nazionalismo legato alle proprie radici di sangue e di nascita, ma un nazionalismo di tipo espansivo, non diverso da quello della Germania Nazista, che voleva estendere l'Italianità a tutti i popoli conquistati; l'italianizzazione forzata di Bolzano ne è la prova pratica.

Per quanto riguarda invece la Germania: la considero il giusto connubio tra il nazionalismo di tipo occidentale e di tipo orientale, per i motivi che ho illustrato sopra, pur con qualche difetto di natura amministrativa.

Questa piccola digressione era necessaria per una illustrazione di quello che è il nazionalismo occidentale e di quali sono state alcune "cause" della nascita di questo tipo di nazionalismo.
Tornando al discorso del rapporto tra i due nazionalismi; molti hanno fatto notare a Plamenatz un errore: quello di non avere tenuto conto del fatto che una nazione, per esistere, debba comunque poggiare su di un substrato etnico per quanto poi a questo si diano delle estensioni di tipo politico. La conclusione che si trae da ciò è che ogni nazionalismo occidentale poggi quindi, inevitabilmente, su un nazionalismo orientale.
Non è difficile capire il perché se si pensa che i primi "teorici" del nazionalismo furono i filosofi e sopratutto gli artisti del Romanticismo Tedesco.
Appunto perché questo nazionalismo occidentale poggia sul nazionalismo dei romantici, di stampo orientale, occorre chiedersi cosa abbia dato vita al nazionalismo occidentale; la risposta è sicuramente lo stato in una prima fase, la borghesia in una seconda. Mentre gli stati occidentali erano già "costruiti" a inizio ottocento, se si escludono Germania e Italia; nell'Est gli stati non corrispondevano alle esigenze nazionali dei popoli, e così andavano nascendo gli interessi indipendentisti della Iugoslavia e della Grecia dalla Turchia, della Polonia dalla Prussia, dell'Ucraina e della Bielorussia e delle nazioni baltiche e finniche dalla Russia, dell'Ungheria e della Cecoslovacchia dall'Austria, della Turchia dalle potenze che occupavano il territorio del disciolto Impero Ottomano. Nella stessa Italia si può parlare di un serio sentimento indipendentista basato sull'etnicità per quanto riguarda il Regno Lombardo-Veneto, che era quello di diventare "Italici" e liberarsi dalla "Germanicità" imposta dall'Impero Asburgico.

In questo senso il sentimento di stato si è imposto come conseguenza di quello nazionale, generando quello che è il nazionalismo occidentale.

Va anche detto che, nell'ultimo secolo, anche nell'Europa dell'Est si è assistito a due esempi di nazionalismo occidentale: la slavizzazione delle minoranze etniche dell'Unione Sovietica (Ingriani, Careliani e tedeschi di Königsberg sono solo tre esempi) come. sempre in Unione Sovietica, la propaganda ostile ai costumi Estoni, Batici, Romeni (in Moldova), Bielorussi e Ucraini; e più a Sud l'unitarismo forzato della Serbia in una Iugoslavia ormai inutile a contrastare la dominazione Turca.

Principale teorico, secondo Plamenatz, del "nazionalismo occidentale" sarebbe il sociologo tedesco Jürgen Habermas che concretizza lo sviluppo di questo nazionalismo con il termine Verfassungspatriotismus, ovvero Patriottismo Costituzionale.
Secondo Habermas il patriottismo di tipo romantico è da smantellare, sostituendolo con un nuovo patriottismo  basato sulla Costituzione di uno stato liberale come collante degli individui.

Questa logica viene argomentata ad esempio considerando che la Svizzera, in cui convivono quattro comunità linguistiche, è unita non da una cultura ma proprio dalla Costituzione; o considerando che gli Stati Uniti, in cui più etnie sono legate dall'appartenenza ad un unico Stato.

Dal canto mio, invito il lettore di questo blog a defecare sugli scritti del sociologo tedesco, che rappresentano la più becera decadenza borghese dell'Europa contemporanea. Qualcuno avrebbe dovuto insegnare un po' di storia della Confederazione Elvetiva ad Habermas; facendogli notare come sia dal tempo degli Elvezi che la Svizzera sviluppa una sua identità culturale, e come sia da solo poco più di due secoli che essa è una democrazia a tutti gli effetti; qualcun'altro avrebbe anche dovuto fargli notare che gli Stati Uniti sono uno stato nato con il presupposto di non avere un'etnicità (sebbene in esso siano frequenti i regionalismi e le ghettizzazioni) e che un patriottismo simile a quello americano non è assolutamente applicabile in un contesto Europeo che sia degno di questo nome.

La teoria del Patriottismo Costituzionale sta avendo le sue maggiori applicazioni nella politica del Regno di Spagna, sia dalla destra che dalla sinistra; con lo scopo di distruggere le identità nazionali presenti nel territorio, come la Catalana, la Basca, la Aragonese e la Asturiana. Dai teorici del Verfassungspatriotismus la presenza di queste identità regionali è un "fallimento per lo stato-nazione spagnolo"; mi chiedo cosa invece rappresenterebbe un successo per la Spagna, forse applicare i metodi di Francisco Franco?
Io ritengo invece che in Europa ci siano molti modi di usufruire della ricchezza culturale rappresentata dalle piccole nazioni che sono effettivamente dei "successi" per lo "stato-nazione"; abbiamo già discusso della situazione in Germania; ma anche nei Paesi Bassi, dove la cultura e i costumi del popolo Frisone e di quello Limburghese sono tutelati dallo Stato Nederlandese, ma senza che nascano indipendentismi o campanilismi vari, trovo che si possa parlare di "successi dello stato-nazione".

Ancora abbiamo una dimostrazione di quale sia la vera natura dello Stato Italiano: chiedete agli irriducibili "patrioti" Italiani quale sia secondo loro il simbolo della loro "Patria", e molti risponderanno "la Costituzione". Mi sento di definire essi come nient'altro che dei finti patrioti a cui è stato fatto il lavaggio del cervello con la cultura liberale; degli Europei che pretendono di essere nazionalisti alla maniera Americana.

Il nazionalismo "occidentale" altro non è che una degenerazione borghese di quello che è il vero nazionalismo, quello romantico o "orientale"; quello degli Ucraini e dei Finlandesi che combatterono per liberarsi dall'Unione Sovietica anche sapendo che ciò avrebbe comportato danni economici, quello dei popoli Africani che versarono sangue per ottenere la libertà delle loro terre dalle colonizzazioni europee pur essendo ben consci di come gli europei stessero portando ricchezza economica, quello degli Irlandesi che a costo di staccarsi dallo Stato più potente d'Europa ottennero l'indipendenza perché sapevano che ciò era quanto di giusto c'era da fare per la loro Patria.


Ad ogni modo, sebbene sia un convinto sostenitore della superiorità del nazionalismo orientale su quello occidentale, non posso negare un dato di fatto: il nazionalismo orientale è spesso basato su una cultura "bassa", chiusa in se stessa e spesso campanilista; incompatibile con qualsiasi situazione di pace tra i popoli.

Il dovere dei giovani Europei in questo ambito è quindi quello di dare vita ad un nuovo nazionalismo, un nazionalismo di tipo "orientale" ma che sia "raffinato" dall'avere in sé i lati positivi del nazionalismo "occidentale"; ovvero la tolleranza etnica reciproca tra i popoli e la visione della proprio nazione in un contesto macroscopico Europeo e perché no Mondiale.
Io sono di nazionalità Insubre, ma la mia nazionalità non mi impedisce di essere aperto alle novità che le nazioni straniere di tutto il mondo mi presentano o di negare di appartenere ad una identità Italica ed Europea.

Questo è, a mio avviso, il modo migliore di interpretare quell'impulso naturale degli individui che è il patriottismo: se trionferà il nazionalismo occidentale, significherà la morte della cultura Europea ed in futuro di tutte le nazioni del mondo per via dell'immigrazione selvaggia; ma se non controlleremo il nazionalismo orientale, non esisterà mai una pacifica convivenza di popoli e gli individui vivranno la loro nazionalità come un impedimento invece che come una ricchezza.

venerdì 26 agosto 2011

A proposito di Anders Bahreng Breivik

Di recente mi sono occupato di stendere una prima traduzione in Italiano di una piccola parte di 2083 - Una dichiarazione europea d'indipendenza; ovvero il manifesto ideologico-politico del Mostro di Oslo.

Una prima conclusione a cui sono giunto è che parlare delle idee politiche del Mostro in relazione alla strage compiuta, magari sollevando un "problema xenofobia in Europa" o un "problema fondamentalismo religioso in Europa", altro non è che una barbara strumentalizzazione di una terribile strage nonché un'imperdonabile mancanza di rispetto nei confronti delle 77 vittime dell'attentato di Oslo e della strage di Utøya e delle loro famiglie.

Dico questo perché leggendo attentamente quella piccola parte di 2083 sono potuto giungere alla conclusione che Breivik avrebbe potuto benissimo essere il più avantgarde degli uomini di sinistra e compiere ugualmente un massacro: egli era solamente un individuo malato con dentro di sé una violenza da sfogare, che ha usato la politica per giustificare un atto simile.

Cosa mi ha fatto giungere a queste conclusioni? Leggendo il memoriale, non è stata tanto la lucidità e la meticolosità dello scritto a sorprendermi; mi ha piuttosto sorpreso il fatto che quanto scritto non è assolutamente una novità. Mi spiego: per quanto io non condivida un buon 95% delle idee del Mostro, esse sono idee assolutamente normali: mi sarei aspettato di leggere deliri e assurdità (seppur scritte con lucidità), invece non ho letto nulla che non avrebbero potuto scrivere un Borghezio o una Fallaci.

Ma né Borghezio, né la Fallaci hanno mai compiuto stragi; ed ecco che qui occorre denotare la differenza tra un individuo mentalmente instabile e un individuo che ha le sue idee.
Se Breivik si fosse fermato alla stesura del manifesto sarebbe stato un individuo che ha le sue idee, ma quando si arriva ad una strage in cui 77 persone perdono la vita, ecco che sopraggiunge l'individuo mentalmente instabile.
In conclusione: incolpare la politica se un folle assassino compie una carneficina sarebbe come incolpare la pioggia se in macchina si fa un incidente guidando ubriachi.


Detto questo, rimane opportuno fare un sunto (secondo le mie umili conoscenze) di quella che è l'ideologia del Mostro di Oslo; allo scopo di evitare che la strage venga strumentalizzata ancora.
Piuttosto che spiegare chi effettivamente Breivik sia (cosa che sarebbe fagocitata dall'espressione Democratico di Centro-destra, seppur con alcune visioni di Sinistra[1]) è facile spiegare chi egli non è.
Breivik non è neo-nazista; come lui stesso afferma nel memoriale, considera i neo-nazisti dei ragazzini frustrati che hanno scelto simboli che permettano loro di esprimere un grande "vaffanculo" alle correnti istituzioni. Breivik considera inoltre "nazista" un'etichetta che i multiculturalisti (Marxisti culturali, come li definisce lui) attaccano a chiunque si senta di combattere il multiculturalismo ed il genocidio Europeo.
Breivik non è un fondamentalista cristiano: benché sia un individuo molto Christian friendly; egli vede il Cristianesimo solo come un baluardo di identità Europea e difesa dall'Islamizzazione. Per il resto: si definisce pro-gay, pro-aborto e pro-eutanasia.
Breivik non è razzista in toto: egli stesso dice di definirsi anti-razzista e di considerare il multiculturalismo come vero razzismo in quanto distruttore di culture e nazioni. Tuttavia, nel manifesto assistiamo a frasi che ci fanno presupporre una sua idea di superiorità della razza Nordica, il che è definibile certamente razzista. Va ricordato comunque che la sua "guerra santa" che vede l'Europa sulla difensiva contro l'Islam non è una battaglia di tipo prettamente razziale, bensì una battaglia di tipo ideologico. Breivik definisce l'Islam una "ideologia dell'odio" in quanto intollerante verso le altre religioni; e spinge il lettore ad intraprendere una crociata contro di esso; ma questa crociata parte da un conflitto dei valori liberali e democratici incarnati in Stati Uniti, Europa e Israele (ma anche Giappone e Corea del Sud) contro i valori illiberali e totalitari incarnati nel mondo Islamico.

Dopo questo discorso, segnalo un'iniziativa presente su Facebook dal 25 Luglio fino al 31 Ottobre che potete trovare sotto questo link riguardo ad alcuni articoli di giornali circa le religioni etniche pagane che vennero pubblicati immediatamente dopo le stragi da giornali di rilievo tra i quali i famosissimi La Repubblica[2] e Il Sole 24 Ore[3].

[1]Le uniche idee di Breivik definibili di sinistra sono quelle proprio su omosessualità, aborto ed eutanasia; che tuttavia sono anche esse in funzione della "crociata" di cui si sente paladino.
[2]Croci celtiche, Odino e rock metal
l'ultra destra del Nord Europa
[3]Satanismo e superstizione nella storia del paese accusato di essere il più pagano d'Europa